Tra la via Emilia e il West
Non ho mai votato il meno peggio perché ho sempre avuto la fortuna di poter scegliere, dal mio punto di vista, chi consideravo fosse il migliore.
Spesso le motivazioni erano differenti a seconda dell’occasione, ma le scelte sono sempre state convinte e nette.
Questa volta non è così. Andrò a votare a questo secondo turno delle primarie del Pd e non mi conforta sapere che come noi in tutto il mondo solamente i democratici australiani eleggono il segretario attraverso una consultazione aperta. Sarò banale, eppure continuo ad essere convinto che il rappresentante di un partito dovrebbe essere scelto dai propri iscritti.
Io al primo turno ho sostenuto Gianni Cuperlo pur sapendo che avrebbe avuto scarse possibilità di vittoria finale. Il circo mediatico aveva già deciso mesi fa che la sfida si sarebbe dovuta consumare sui campi dell’Emilia oscurando completamente le altre candidature e soprattutto le diverse opzioni politiche. Con il risultato che il derby Bologna-Sassuolo ha interessato poco più della metà dei tesserati.
Oggi quindi mi recherò al seggio con uno spirito nuovo, diverso. Credo con lo stato d’animo analogo dell’elettore che al primo turno ha visto il proprio candidato sindaco soccombere e ora deve valutare sulla base di criteri in parte differenti. Il problema è che le due diverse candidature hanno in sé i pro e i contro che le caratterizzano e le bilanciano. E devo anche ammettere che mi fa velo il codazzo di certi sostenitori.
Ma tant’è. Almeno questa volta il mio voto, per ora, è segreto.
Primarie sui contenuti
Al netto della campagna strumentale e a volte denigratoria nei confronti del Pd, non mi è piaciuta la piega iniziale presa dal percorso congressuale.
Invece di aprire una discussione seria e impegnativa, se necessario anche lacerante, su chi vogliamo rappresentare, ancora una volta siamo cascati nella trappola mediatica che ci obbliga a scegliere chi ci rappresenta.
Ho sentito forte l'assenza di un'analisi seria sulle ragioni dell'arretramento di una prospettiva culturale progressista e riformista che, inevitabilmente, si è tradotta in una sconfitta politica ed elettorale.
Per questa ragione non avrei espresso alcuna preferenza per i pur rispettabili candidati in campo.
Poi, con la decisione di Gianni Cuperlo di mettersi a disposizione non tanto per prevalere su qualcuno, ma al contrario per aprire un confronto che sia finalmente di contenuti e di valori sulle ragioni oggi della sinistra, per quanto mi riguarda si è aperta una possibilità che intendo cogliere.
Nessun calcolo, nessuna convenienza, semplicemente la volontà di cercare ancora una volta un briciolo di utopia per cui vale la pena spendere tempo ed energie.
Quale congresso?
Come dare torto a Gianni Cuperlo? Doveva essere un congresso costituente ma finora è una corsa a costituire gruppi di sostegno delle diverse candidature. E così, nell’attesa che gli 87 (ottantasette!) del comitato si mettano d’accordo sui contenuti, si rischia di rompere definitivamente il contenitore.
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