Nuovo capitolo dal libro “Delfini nel Lambro”. Roberto Scanagatti risponde alle domande di Angelo Longoni a proposito di migranti e servizi sociali
“Gli stranieri arrivano qui e gli trovate subito un alloggio, mentre ci sono cittadini che faticano a trovare una casa”. Chissà quante volte anche lei si è sentito dire questa frase
Questo è un ritornello che alcuni consiglieri comunali di opposizione ripetono spesso. In realtà i nostri cittadini sono molto più avveduti di quello che qualcuno pensa
Cosa significa?
Che mettere in relazione il bisogno della casa con l’accoglienza dei profughi è il solito tentativo di confondere le acque. Ma spero che nessuno ci caschi più
Il problema della casa per chi non ha un reddito da potersela permettere, però esiste. Cosa avete fatto?
Noi siamo quelli che in cinque anni hanno recuperato e assegnato cento alloggi comunali che chissà perché non venivano sistemati. Noi siamo quelli che hanno chiesto e ottenuto, a chi non aveva più diritto, di liberare l’alloggio pubblico. Quindi noi siamo quelli che in concreto, non con gli slogan, hanno cercato di rispondere al bisogno di casa dei cittadini residenti a Monza. Voglio anche precisare che nessun alloggio comunale è stato sottratto alla disponibilità dei monzesi per metterlo a disposizione dei richiedenti asilo.
Quindi da dove arrivano gli alloggi per i profughi?
Quelli sono stati assegnati direttamente dalla Prefettura, sulla base di criteri autonomi che non sono stati condivisi con noi.
Per esempio via Asiago. Alcuni residenti sostengono che lei è corresponsabile della situazione che lì si è venuta a creare.
È vero esattamente il contrario, e cioè che fin dall’ottobre 2015, quindi appena saputo del contenuto del bando prefettizio e prima ancora che arrivassero i richiedenti asilo in via Asiago, avevo manifestato al prefetto la mia contrarietà. Ho scritto una lettera ufficiale, invitando la Prefettura a riconsiderare la decisione, perché un rapporto troppo squilibrato tra cittadini residenti e profughi avrebbe inevitabilmente creato tensioni e difficoltà. Non solo. Avevo anche segnalato che in quel modo si sarebbe messo in discussione un modello di accoglienza diffusa che fino a quel punto avevamo sperimentato con buoni risultati. Purtroppo i comuni non possono intervenire nelle scelte delle prefetture. Come presidente di Anci Lombardia ho chiesto la modifica delle regole: i sindaci non possono limitarsi a prendere atto di decisioni prese da altri per poi pagarne le conseguenze.
Le previsioni si sono avverate.
Purtroppo sì e naturalmente subito c’è chi si è messo a cavalcare una protesta legittima nei contenuti ma poi, via via, sempre più isolata per le forme anche violente che ha assunto.
Si riferisce all’irruzione in Consiglio comunale del 10 aprile scorso, quando un gruppo di estrema destra ha interrotto i lavori del consiglio comunale...
Appunto. Già prima c’erano stati comportamenti provocatori, ma l’atto compiuto nell’aula consigliare è stato di una gravità assoluta. Hanno con arroganza e prepotenza interrotto i lavori del consiglio proprio mentre si discuteva di legalità e lotta alla mafia.
Non ho visto prese di distanza da parte degli esponenti dell’opposizione.
Peggio, qualcuno ha pure giustificato l’irruzione.
L’accusano di non aver mai voluto incontrare i residenti di via Asiago.
Non è la realtà, perché io li ho incontrati due volte. La prima, su loro richiesta, il 30 agosto 2016 in Comune, la seconda in prefettura il 14 settembre. L’incontro con il Prefetto sono stato io a chiederlo e ad ottenerlo. Per non parlare dei numerosi incontri avvenuti con il Vicesindaco che ha la delega sulla materia specifica.
Hanno portato qualche risultato quegli incontri?
Innanzitutto sono serviti per far capire che la situazione andava affrontata. Che non si potevano aumentare le presenze di nuovi profughi e anzi dovevano essere ridotte. Dagli oltre centoventi siamo scesi a ottanta.
Sempre troppi.
Sono d’accordo e infatti in via temporanea avevo chiesto di utilizzare una parte del vecchio ospedale San Gerardo.
Dove esattamente?
Negli spazi lasciati liberi due anni fa dalla Bicocca, quando ha centralizzato i corsi di laurea. Locali in perfetto stato.
L’ospedale dipende dalla Regione…
Infatti hanno risposto no senza fornire alcun argomento plausibile. La regione Lombardia risponde picche perché per principio è contraria all’accoglienza, ma così scarica il problema sui sindaci.
Non c’è il rischio che più passa il tempo e più le tensioni per la presenza dei richiedenti asilo salgano?
Più che un rischio è una certezza, soprattutto se non si comprende che questa non è un’emergenza destinata a scomparire in poco tempo. Per questo, come tutti i problemi, occorre affrontarli e non far finta che non esistono.
Cosa si può fare?
Prima di tutto la distribuzione dei richiedenti asilo deve avvenire in modo uniforme in tutti i comuni. Solo così si potranno evitare eccessive concentrazioni.
Ma questa è la proposta Anci…
Esattamente. Un numero massimo di 3 profughi ogni mille abitanti.
Monza attualmente quanti ne ospita?
Circa 400.
Abbiamo quindi raggiunto il tetto massimo.
Sì, e poiché abbiamo anche aderito al progetto ministeriale, non ne avremo altri.
In che cosa consiste questo progetto?
Progressivamente i richiedenti asilo non saranno più in carico alla Prefettura, ma sarà il Comune a gestire direttamente l’accoglienza. Questo significa che sicuramente non ci saranno più situazioni di alte concentrazioni che, abbiamo visto, creano tensioni sociali e potremo coinvolgere di più le associazioni di volontariato presenti in città per una gestione più attenta e responsabile. So bene che il diritto all’accoglienza è sancito dalla Costituzione e quindi è mio dovere farlo rispettare, ma so altrettanto bene che i nostri cittadini hanno diritto a vivere in tranquillità.
Il problema però è anche quello del loro impiego…
Chi è ospite deve restituire un parte dell’accoglienza che riceve. In molti casi si tratta di persone giovani e in buona salute. Vederli bighellonare in giro non va per niente bene e i soli corsi di alfabetizzazione non sono sufficienti.
Esempi concreti?
Sulla base di un protocollo recentemente sottoscritto, abbiamo affiancato circa quaranta richiedenti asilo ai giardinieri del parco per svolgere attività di supporto. Chiaramente per queste attività non percepiscono alcun compenso. È un esempio che può essere moltiplicato in vari modi, a partire dall’affiancare chi svolge quotidianamente attività di volontariato civico, dai nonni civici alle Gev. Anche questa è integrazione.
Non c’è il rischio che sottraggano lavoro ai monzesi?
No, perché l’impiego dovrà essere limitato a quelle attività che non rientrano tra i servizi già offerti. Le faccio un altro esempio. Queste sono persone che spesso conoscono più lingue. Perché non chiedere loro di mettersi a disposizione e tenere dei veri e propri corsi di conversazione con i cittadini interessati?